Numeri da record per il mercato delle biciclette in Europa, che nel 2020 ha visto 22milioni di biciclette vendute per un totale di 18,3 miliardi di euro. Si tratta di un record di vendite negli ultimi 20 anni. Sono i dati del rapporto europeo di CONEBI (Confederation of the European Bicycle Industry), diffusi da Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori). Questo nonostante la crisi di materiali e componentistica che oggi può costringere ad attese bibliche chi vuole una bici nuova o un pezzo di ricambio.
La crescita in Europa, rispetto al 2019, è vertiginosa: +40%. In Italia sono state vendute 2milioni di bici, con un +17% rispetto al 2019. Ben sotto la media, quindi, ma pur sempre una crescita notevole. Come dire, seguiamo l’onda: di sicuro non la tracciamo. Eppure i nostri artigiani sono famosi nel mondo.
Sarà anche perché mentre i Paesi europei hanno aumentato gli investimenti nelle infrastrutture ciclabili, l’Italia arranca, e riesce ancora – per esempio – a presentare candidati per Milano, fra le città più inquinate d’Europa – che fanno campagna elettorale promettendo di cancellare le ciclabili esistenti. In Europa invece gli investimenti, inclusi quelli in innovazione, hanno superato il miliardo e mezzo di euro, rispetto al miliardo investito nel 2019. Ciò ha alimentato una crescita della produzione senza precedenti.
In Italia pesa l’incapacità di un player storico, quale è il nostro Paese nel settore delle bici di alta qualità, di offrire componentistica su grande scala. Da noi, il settore bici è in mano a 3-4 brand della bici da corsa, di medio piccole dimensioni. Siamo un punto di riferimento, ma di nicchia. Tante piccole botteghe, che però vendono un decimo di quello che vendevano anni fa. Manca la voglia di unirsi, crescere e internazionalizzarsi: che è un problema tipico di molte pmi italiane.
“I dati del rapporto CONEBI raccontano il momento di successo delle due ruote, ma dimostrano anche quanto lavoro resti da fare al comparto e al legislatore nel valorizzare questo trend di crescita, nel promuovere l’utilizzo della bici, nel creare opportunità di emancipazione e di ulteriore crescita del nostro tessuto produttivo e nello sviluppare un’equilibrata e sicura infrastrutturazione ciclabile che sia attrattiva anche dal punto di vista turistico”, ha commentato Paolo Magri, presidente di Confindustria ANCMA.
Una notizia positiva l’ha portata la pandemia. Prima del Covid, telai e componenti arrivavano quasi esclusivamente dalle fabbriche cinesi o asiatiche. “Ora, con l’aumento esorbitante dei costi di produzione e di logistica, si registrano sempre più aziende che hanno colto l’occasione per rilocalizzare la produzione di biciclette e componentistica più vicino a dove questa verrà poi assemblata e infine venduta”, scrive Bikeitalia.
La storica Bianchi – ora di proprietà svedese – sta per investire oltre 30 milioni di euro per riportare gran parte della produzione nello storico stabilimento di Treviglio, in provincia di Bergamo, dove grazie alla robotica, l’azienda pensa di quadruplicare la produzione: da 250-300 bici al giorno, a 1.000-1.500. Questo aumenterebbe il personale dagli attuali 180 dipendenti a circa 300.
Idea simile per l’altra bergamasca, 3T, una realtà produttiva di bici e componenti, che si è già mossa per portare in Italia anche la produzione dei telai in carbonio.
Ma la notizia che fa più piacere di tutte, dato il giro d’affari, riguarda Decathlon. Il colosso francese ha deciso di spostare gran parte della produzione delle sue biciclette dall’Asia all’Est Europa. Nei dintorni di Timisoara, in Romania, sta sorgendo la più grande fabbrica di biciclette in tutto il vecchio continente. A pieno regime dovrebbe assemblare circa 1,5 milioni di biciclette all’anno: un numero da capogiro.
“L’Europa, con Portogallo, Romania e Bulgaria in testa, sta diventando il nuovo motore del settore bici globale. La speranza è che anche l’Italia, con le sue tantissime storiche aziende, riesca a ritagliarsi uno spazio in questo frenetico processo di rilocalizzazione, facendo tornare il Belpaese ai vertici del mercato delle due ruote, come era ai tempi dei telai in tubi d’acciaio”, suggerisce Bikeitalia. Sarebbe il modo migliore per sostituire gradualmente il mercato italiano dell’auto, destinato in parte ad evolversi ma inevitabilmente anche a ridimensionarsi, se vorremmo riuscire a raggiungere il traguardo delle emissioni zero, e a fare della voglia di bicicletta che è nell’aria un business, anche da noi.